“Nuova miracolosa cura senza farmaci che offre risultati strabilianti!” avrei potuto dare questo titolo all’articolo. Ma sarebbe sembrata magia. Invece no, è una tipologia di cura più che reale e ha delle solide basi scientifiche. Si tratta della riabilitazione cognitiva: un trattamento non farmacologico che va a contrastare i sintomi dell’invecchiamento. Il suo fine è il recupero e il mantenimento delle abilità cognitive deficitarie e come lo si fa? Attraverso diverse tipologie di esercizi di memoria, di linguaggio, di attenzione, i quali vanno a stimolare l’attività cerebrale.
La plasticità neuronale è un fenomeno straordinario che avviene nel nostro cervello il quale, se opportunamente stimolato, aumenta le capacità funzionali mediante la neogenerazione di neuroni e l’aumento delle connessioni dendritiche interneuronali. Si tratta di processi sia curativi che preventivi: agendo sulle capacità anatomico-funzionali residue del cervello, oggi siamo in grado di contrastare e rallentare sia il deterioramento cognitivo relazionato all’età, sia quello dovuto a quadri patologici degenerativi. La stimolazione con finalità preventiva sta assumendo un ruolo sempre più importante. La Plasticità Neuronale può essere stimolata dallo studio di nuove lingue o strumenti musicali, da una corretta alimentazione, dall’esercizio fisico, da una vita attiva e relazionale, da giochi intellettivi, dall’utilizzo di specifici strumenti tecnologici e ovviamente programmi di potenziamento cognitivo.
Anche un alto grado di istruzione e occupazione ha un effetto preventivo sull’insorgenza di malattie neurodegenerative come la demenza, in quanto aumenta l’efficienza dei circuiti neuronali e la capacità del cervello di attivare al bisogno circuiti neuronali alternativi. Per quanto riguarda le demenze, non esiste purtroppo un trattamento farmacologico specifico: i farmaci contrastano i sintomi della patologia ma non intervengono sul progressivo decadimento delle funzioni cognitive. La riabilitazione cognitiva va a contrastare il decorso degenerativo grazie all’apprendimento di strategie compensatorie e allo sfruttamento delle abilità residue. Gli esercizi che si svolgono modificano il decorso della patologia ritardando la progressione degenerativa e la riduzione della propria autonomia; il secondo effetto è la riduzione di ansia, depressione e disinteresse che comporta la demenza. In Italia sono più di un milione le persone affette da demenza, tra queste 600 mila soffrono di Alzheimer e, con l’allungamento della vita e l’aumento della popolazione, questi numeri sono destinati ad aumentare (fonte ISS). È quindi semplice capire di quanta cura necessitino gli anziani, quanto dovrebbero essere stimolati e quanto dovrebbero mantenersi attivi.
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